Parliamo di un lavoro di riqualificazione energetica di una casa unifamiliare in Pianura Padana. È un edificio del 1965 che ha subito una trasformazione radicale: architettonica, volumetrica, statica ed energetica. Ne è risultata un’abitazione completamente diversa: rinnovata, energeticamente efficiente e con un’impiantistica ad alto contenuto tecnologico.

I committenti Eugenio e Ursula in questa intervista commentano gli obiettivi e le fasi di lavoro.

Perché l’obiettivo era l’alta efficienza energetica?

Conoscevamo già il concetto dell’efficienza energetica. Ci piace l’idea di avere una casa il più possibile autonoma dal punto di vista energetico che sfrutta energia rinnovabile e consente di utilizzare al meglio le non rinnovabili risparmiando sulle bollette. Abbiamo potuto usufruire delle detrazioni fiscali: un’esperienza già nota ai genitori di Ursula che hanno i pannelli solari da oltre 20 anni e hanno usufruito dei benefici fiscali.

Perché costruire in bioedilizia?

Per il rispetto della nostra salute (importante per una persona con allergie come Ursula) e del pianeta, siamo molto attratti dall’idea di non respirare o ingerire o subire a vita gas tossici o residui chimici o radiazioni ionizzanti provenienti da materiali trattati o di incerta provenienza, utilizzati per la costruzione della casa, che continuano ad esalare sostanze tossiche: discussione vecchia di decenni in Alto Adige, Germania e Austria.

Si cerca prima la casa o il progettista?

Senz’altro il progettista. L’idea di casa ad alta efficienza energetica è nata piano piano con l’informazione, l’esperienza dei parenti ed amici altoatesini, la visita a case simili ed il colloquio con chi vive in queste case. Poi ci si è posto il problema: chi, a Padova, è capace di progettare e far costruire case così? Chiedere ad un architetto e ad un’impresa altoatesini di costruirti una casa del genere a Padova sarebbe stato eccessivamente dispendioso. A Padova conoscevamo l’arch. Corti che sapevamo opera nel settore da 20 anni e abbiamo cominciato a considerare un colloquio per capire meglio la disponibilità, le possibilità reali di poter chiedere a lei di seguire un nostro progetto. Ci ha un po’ frenato e forse un po’ intimidito il fatto che conoscevamo abbastanza bene l’architetto che passava per essere una persona molto diretta, senza peli sulla lingua, che non te li manda a dire, caratteristica che poi si è rivelata molto gradita. Nel frattempo ci siamo anche informati sul panorama padovano di architetti operanti nel settore ed  abbiamo saputo che come al solito, ci sono molti che si improvvisano, millantano, parlano di cose di cui non sanno nulla. Quando abbiamo trovato la casa da comprare, che ci è piaciuta subito, abbiamo chiesto all’arch. Corti di darci una mano nella valutazione per l’acquisto, essendo noi assolutamente incompetenti, e nel far questo abbiamo formalizzato di fatto la scelta dell’architetto, che però era in gestazione da tempo.

La  scelta del progettista?

La conoscenza diretta della persona e del professionista, in grado di eseguire questo tipo di opere nonché conoscenza dei lavori che aveva già realizzato e le pubblicazioni (molto utile un libro pubblicato dal nostro architetto!). Conta anche la conoscenza di collaborazione continuativa pluriennale dell’architetto con la Agenzia CasaClima; importante anche la possibilità di aver parlato con altri ex committenti a lavori per loro conclusi. In conclusione: serietà della persona, competenza specifica provata, verifica di opere già eseguite.

Quali sono le prestazioni professionali attese? Che ruolo hanno i committenti?

Onestamente, ci aspettavamo meno prestazioni professionali di quelle che abbiamo ricevuto. Una cosa che ci ha sorpresi è stato il rigore nella contabilità che il nostro progettista e direttore dei lavori ci ha assicurato per tutto il tempo, dall’inizio del progetto fino alla fine: il verificare che le previsioni di spesa sono state rispettate vorremmo dire alla lettera è stato un elemento di grande conforto nel caso, come il nostro, di grande impegno economico. Di fatto col tempo, dall’inizio del progetto, si è instaurato una sintonia incredibile, basata essenzialmente sulla puntualità, precisione, accuratezza dell’architetto e dei suoi collaboratori. Noi committenti abbiamo vissuto il tutto con molta serietà e impegno, come ovvio, nonostante i già gravosi impegni professionali, ma non ci aspettavamo che questo venisse apprezzato e gradito così tanto da innescare un circolo virtuoso che ha condotto a risultati davvero soddisfacenti. Se avessimo avuto a disposizione più tempo, forse si sarebbe discusso un po’ di più soprattutto nella fase del progetto. Ecco, sì, nella elaborazione del progetto forse ci sarebbe piaciuto essere coinvolti un po’ di più. Tuttavia le soluzioni tecniche trovate e proposte dai professionisti ci sono andate bene e piaciute, perché adeguate, interessanti, belle, talora però suonavano come obbligate, imposte, non avendo noi altri tempo e strumenti per sollevare obiezioni o fare controproposte.

Il committente in formazione permanente durante il lavoro: un peso o un arricchimento?

È stato un grosso impegno, a momenti anche stressante, ma arricchente; i committenti, secondo noi, devono avere le idee chiare sin dall’inizio su ciò che vogliono realizzare, devono essere accurati e il più possibile precisi nella formulazione dei loro desideri e aspettative, devono conoscere molto bene il loro budget e poi affidarsi completamente al tecnico di loro scelta; per poter collaborare fattivamente devono informarsi e studiare continuamente.

È possibile fare un bilancio della fase progettuale?

La fase progettuale forse è quella più difficile, soprattutto per chi come noi non ha alcuna competenza tecnica e deve immaginare tutto (le immagini e le simulazioni tridimensionali hanno aiutato molto). All’inizio è stato difficile per noi comprendere il procedimento deduttivo adottato dal nostro architetto, che ha proposto il massimo delle possibilità in fase progettuale per poi ridurre o ridimensionare le opere in base alle nostre possibilità economiche. Col senno di poi però abbiamo capito che è un metodo vincente che abbiamo molto apprezzato. Se tornassimo indietro, con l’esperienza acquisita, chiederemmo una spiegazione preliminare più esaustiva e completa al fine di evitare attacchi di panico e ripensamenti temporanei sulla possibilità di realizzare il progetto per motivi economici. Inoltre, non ci era chiaro all’inizio il perché la fase di progettazione richiedesse così tanto tempo, poi, in fase di realizzazione ci siamo resi conto della complessità di tutto il progetto e la risposta è risultata ovvia.

Potete fare un bilancio della fase dei lavori?

La fase dei lavori è quella più gratificante in quanto vedere la realizzazione e la crescita costante del progetto riempie di orgoglio e di gioia. Poter vedere e toccare con mano gli elementi di base che poi si arricchiscono sempre di più fino a prendere forma riempie di grande soddisfazione. I committenti devono sapere che in questa fase bisogna impegnarsi al massimo per la scelta dei materiali e per le eventuali variazioni per non rallentare o ostacolare la prosecuzione dei lavori. Abbiamo molto apprezzato , in questa fase, l’intervento tecnico dell’ingegnere strutturista scelto dall’architetto (è stato importante aver ricevuto delle “lezioni” in cantiere sui materiali usati), come anche dell’impresa edile, dell’ingegnere termotecnico, dei tecnici idraulici ed elettricisti che hanno realizzato un complesso e sofisticato impianto elettrico, domotico e idraulico, dei falegnami, pittori, lattonieri, fabbri… tutti scelti con cura dall’architetto, in base a conoscenza diretta e pregresse esperienze di collaborazione. Forse questo è stato uno degli aspetti più gratificanti: il vedere che ognuno, dal direttore dei lavori all’ultimo artigiano, sapeva fare bene il proprio lavoro. Abbiamo molto apprezzato e gradito anche, sia in fase di progettazione che di esecuzione dei lavori, il ruolo dell’arch. Falchi, eccellente collaboratore dell’arch. Corti: è stata una presenza costante, fidata e precisa, che ha completato e arricchito, secondo noi, l’opera complessiva.

Cosa rifareste e cosa no?

Rifaremmo praticamente tutto, eccetto forse mettere il legno di bamboo nei bagni per terra che si è rivelato un problema in caso, come è successo, di perdita dalle docce. Una maggiore attenzione per gli infissi, peraltro di ottima qualità, ci avrebbe consentito di evitare alcuni errori (come la porta con vetro totalmente trasparente, due finestre senza possibilità di essere oscurate). Forse aspetteremmo fino a trovare una casa da ristrutturare meno costosa: l’acquisto dell’immobile da ristrutturare a prezzo elevato è penalizzante.

Che cosa non vi aspettavate?

Un costo così elevato, a nostro parere, della parte edile strutturale.

Cosa consigliereste a chi intraprende questa “avventura”?

Senz’altro consiglieremmo di comprare un immobile molto vecchio da ristrutturare al fine di poter usufruire delle detrazioni fiscali che sono davvero importanti: poter avere un rimborso di oltre 150.000 euro in 10 anni (15.000 euro/anno) è davvero interessante.

Un altro consiglio che ci sentiamo di dare è di affidare sia il progetto che la direzione dei lavori allo stesso professionista: la complessità di un progetto del genere, secondo noi, richiede, in fase operativa, la stessa persona o la stessa equipe che l’ha pensato.

Link alla pagina progetti https://www.architetturaecologica.net/projects/edificio-unifamiliare-a-padova/